La gestione dei compiti è quanto mai complicata sia per gli insegnanti che per i genitori: da un lato ci sono genitori contrari ai compiti, dall’altro genitori ai quali invece, i compiti non sembrano mai abbastanza.

Gli insegnanti, d’altro canto, sanno che le esercitazioni a casa, in autonomia, sono fondamentali per lo studente, anche se è necessario che i compiti non sostituiscano il lavoro fatto in classe.

COMPITI SI, COMPITI NO – Il dibattito “compiti sì, compiti no” è aperto da decenni. Scopriamo il senso pedagogico del compito a casa e come andrebbe gestito, sia da parte dei genitori che degli insegnanti. Fare o non fare i compiti, questo è il dilemma. Quando e perché i compiti servono ai nostri bambini

Perché i compiti a casa sono importanti

Dare al bambino dei compiti da portare a termine è uno degli strumenti pedagogici più importanti, perché è ciò che permette al bambino di acquisire autonomia, ovvero la libertà. Che sia imparare ad allacciarsi le scarpe, a vestirsi da solo, ad occuparsi della propria stanza, a prepararsi la cartella, a lavarsi le mani prima di andare a tavola, ogni passo verso l’autonomia è una conquista fondamentale nello sviluppo infantile.

IL RUOLO DEI GENITORI – Quello su cui tutti gli esperti concordano è il fatto che i genitori non dovrebbero intervenire nei compiti dei figli, che dovrebbero svolgerli in autonomia. Uno studio americano, da poco pubblicato, ha provato che l’intervento dei genitori nelle attività scolastiche dei figli è nella maggior parte dei casi semplicemente inutile, in altri addirittura dannoso. Gli studiosi hanno analizzato diversi casi in cui i genitori si inseriscono nel percorso scolastico dei figli (non solo i compiti per casa, ma la scelta del liceo, le attività extra scolastiche, i rapporti con i professori e con gli amici) e i risultati delle loro ricerche confermano che i genitori più interventisti non hanno accresciuto il successo accademico dei figli, anzi in diversi casi lo hanno involontariamente ostacolato.

L’indagine Globale tra i Genitori condotta da Varkey Foundation

L’indagine Globale tra i Genitori è l’indagine più completa mai condotta sugli atteggiamenti dei genitori di tutto il mondo in relazione all’istruzione dei propri figli ed al loro futuro.

Dall’indagine emerge che il 78% dei genitori italiani considera buona la qualità dell’insegnamento presso la scuola frequentata dai figli, anche se solo poco più della metà (52%) degli italiani crede che la scuola dei propri figli li prepari adeguatamente al mondo del 2030 e oltre, cifra inferiore alla media globale del 64%.

Un quarto (25%) dei genitori di tutto il mondo trascorre 7 ore a settimana o più aiutando i propri figli in ambito educativo. I genitori dei paesi emergenti ed a minor reddito sono più propensi a trascorrere significative quantità di tempo aiutando i figli al di fuori dell’orario scolastico rispetto ai genitori residenti in economie consolidate. In particolar modo è il caso di India (62%), Vietnam (50%) e Colombia (39%). I genitori nelle economie consolidate trascorrono meno tempo ad aiutare i figli: in Finlandia solo il 5% dedica 7 o più ore, il 10% in Giappone e l’11% in Francia e Regno Unito.

Quasi un terzo dei genitori (31%) ha la sensazione di dedicare troppo poco tempo ad aiutare i figli dopo la scuola. Sebbene i genitori nei paesi a minor reddito impegnino più tempo nell’aiuto dei figli, per loro questa sensazione è più forte, come in Perù, dove il 48% afferma di trascorrere troppo poco tempo ad aiutare i figli dopo la scuola, seppure il 31% di loro dedichi già 7 o più ore alla loro istruzione. Questo dato è decisamente più elevato rispetto alla Francia, dove solo l’11% dedica 7 o più ore all’aiuto, ma solo il 22% ritiene che sia troppo poco.

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