Three-Dimensions-of-IntelligenceIl quoziente d’intelligenza o QI è un punteggio, ottenuto tramite uno dei molti test standardizzati, che misura e valuta l’intelligenza o lo sviluppo intellettivo dell’individuo.

La storia

La storia dei test per stabilire il Q.I. nasce all’inizio del 1900 con Alfred Binet, psicologo francese che pubblicò il primo test di intelligenza moderno, la Scala Binet-Simon. Il suo scopo principale era di identificare gli alunni che avevano bisogno di un particolare aiuto nelle materie scolastiche. Il test misurava l’età mentale del bambino in modo che un bambino di 7 anni che risolvesse i problemi che in media risolvevano i bambini di 7 anni, avrebbe ottenuto un punteggio di 7.

Nel 1912 lo psicologo tedesco William Louis Stern coniò il termine I.Q. (abbreviazione di “Intelligence Quotient”) e lo definì come la risultante della formula (età mentale/età biologica)*100; in questo modo, due bambini di età diversa che risultassero entrambi con una intelligenza pari alla media, otterrebbero entrambi lo stesso punteggio di 100. Un bambino di 10 anni che avesse ottenuto un punteggio normale per uno di 13, ad esempio, avrebbe avuto un QI di 130 (100*13/10).

Poiché i quozienti basati sull’età erano applicabili solo ai bambini, nel 1939 David Wechsler pubblicò il primo test d’intelligenza appositamente realizzato per la popolazione adulta, la Wechsler Adult Intelligence Scale (o WAIS)

La versione moderna del QI è così una trasformazione matematica di un punteggio grezzo basata sulla posizione di questo punteggio in un campione di normalizzazione (quantile, percentile, percentile rank), che è il risultato primario di un test del QI.

Validità dei test

La validità e l’utilità dei numerosi test oggi utilizzati per la valutazione del Q.I. è comunque discutibile: secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature il famoso esame che dovrebbe misurare l’intelligenza è una pratica inutile e forse dannosa, perché viene effettuato spesso quando una persona è ancora mentalmente instabile, in particolare in età infantile o adolescenziale, e dunque non sarebbe affidabile. Ne sono convinti i ricercatori dell’University College di Londra, secondo cui non ha senso sottoporre un adolescente al test del QI perché, a quell’età, ci sono molti alti e bassi emotivi e ormonali, che influiscono sui risultati.

“Abbiamo osservato il QI in adolescenti nelle prove verbali e non verbali ed abbiamo misurato un cambiamento nel corso di un periodo di tre-quattro anni. Possiamo così sostenere che una parte di questo cambiamento deve essere correlato alla capacità, perché corrisponde ai cambiamenti nella struttura del cervello” ha affermato Cathy Price, autrice dello studio.

Nel complesso, il 35% degli studenti ha mostrato un qualche tipo di cambiamento, il che significa che in circa un adolescente su 3 il test del QI non è affidabile.

I risultati dello studio

Questo studio si rivela molto importante perché mina le fondamenta di alcuni sistemi scolastici, in particolare quelli anglosassoni che in pratica segnano la vita di una persona sin da bambina, quando attraverso il test le consentono o vietano di frequentare alcuni tipi di scuole. Ciò che vogliono sottolineare i ricercatori è che, a meno che non ci siano problemi specifici, chiunque con una buona educazione può migliorare il proprio QI, il quale non rimane sempre uguale per tutta la vita.

Precedenti ricerche indicano che questo tipo di “rinforzo” per il cervello può verificarsi persino in età adulta, quando una certa zona del cervello viene utilizzata più frequentemente, rendendo alla fine il test del quoziente intellettivo perfettamente inutile.

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